È la mattina del 16 agosto 2009 e Usain Bolt, nella sua stanza di albergo a Berlino, si riposa e gironzola sul web con il suo pc. È nervoso, perché la sera correrà la finale dei 100 metri piani ai Mondiali di atletica, e schizza freneticamente con il mouse aprendo mille pagine. Al che se ne trova davanti una, con diverse ricette regionali italiane. Incuriosito dalle più remote località del Belpaese clicca su “Molise”. Legge un po’ e la cosa lo attrae. Fino a che il suo occhio si sofferma su un termine a lui familiare, essendo un velocista e avendo alcuni rudimenti di lingua italiana: lo “scattone”. Indaga. E legge che si tratta di una preparazione tipica regionale, molto antica, proveniente dalla tradizione contadina molisana, quando di energie ne servivano tante e di soldi ce n’erano pochi.

Il metodo di preparazione è facilissimo: mentre la pasta fresca cuoce, si prende con un mestolo un po’ di acqua di cottura e si tiene da parte in una ciotola. Ad essa viene aggiunto del vino rosso, un po’ di pepe e eventualmente del peperoncino piccante. Lo “scattone”, che deve essere servito caldissimo, è pronto. Naturalmente ha poco a che fare con l’atletica, essendo più adatto – secondo la tradizione popolare – come rimedio per i raffreddamenti e i malanni, ma Bolt, famoso per essere un tipo testardo, lo vuole provare.

Mostra la ricetta allo chef dell’albergo e ne pretende una scodella. Il cuoco lo accontenta, mette a bollire delle tagliatelle fresche, poi segue la procedura et voilà, il piatto è pronto. Bolt, verso le 14 scende in sala da pranzo, beve lo “scattone”, torna in camera rinvigorito e rilassato.

Quella sera corre la finale dei 100 metri in 9 secondi e 58 centesimi, stabilendo il record mondiale tutt’ora imbattuto. Che sia stato anche merito dello “scattone” non potremo mai dirlo con certezza, ma chissà…

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