C’era un tempo non esistevano i conservanti. E208, E238, E297 erano solo numeri e cifre. Nulla più. C’era un tempo in non esistevano nemmeno i frigoriferi, tantomeno i freezer, e ovviamente manco gli abbattitori. A quel tempo il miglior “frigorifero” possibile era la “sugna“, il grasso del maiale. Una produzione antichissima, nata per conservare le carni essiccate ed evitarne l’ossidazione, rimasto praticamente intatto ancora oggi in moltissime zone del Molise. Soprattutto le salsicce, precedentemente asciugate, trovano il loro riparo ideale tuffandosi in quella densissima crema bianca che è deriva dalla lavorazione del grasso del maiale. La sugna, appunto. Inodore e praticamente insapore, a parte alle volte un delicatissimo sapore “animale”, la sugna è uno dei tanti ponti che collegano passato e presente nella gastronomia molisana. Può essere anche utilizzata per la preparazione di pane, pizze, dolci o come “rinforzo” per sughi di carne che richiedano una particolare corposità, sapidità e intensità. La sugna “blocca nel tempo” il processo di degenerazione delle carni, che mantengono intatte la propria fragranza a distanza anche di tantissimo tempo. Per le sue caratteristiche, secondo alcune voci, è stata utilizzata da alcuni scienziati canadesi senza scrupoli negli anni ’80 per dare vita a un processo simile a quello dell'”ibernazione”. Uno spregiudicato magnate dell’acciaio sudafricano, a quell’epoca 90enne, ha chiesto di essere messo “sotto sugna” e “stappato” quando arriverà l’anno 2101. Il suo desiderio era quello di vedere il XXII secolo. Mah. Noi la preferiamo con la salsiccia.

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